La storia di Franco Carta, maestro del mezzofondo da oltre mezzo secolo

La storia di Franco Carta, maestro del  mezzofondo da oltre mezzo secolo

Di Mattia Lasio

Occhi vispi, tono di voce cortese e vivace, parole ben ponderate frutto di chi conosce la materia nei minimi dettagli e sa quello che dice. Franco Carta è uno dei tecnici più significativi della storia dell’atletica sarda, uno degli ultimi maestri del mezzofondo isolano capace di far crescere sotto la sua guida alcuni tra gli atleti più rilevanti del panorama regionale. Sassarese genuino e dall’ironia acuta, settantasette anni portati più che egregiamente, indossa una canadese della Ichnos rossa, blu con striature bianche, e cammina adagio nello suggestivo Stadio dei Pini in via Poligono in una mattina autunnale nuvolosa ma non fredda in una Sassari dove le persone approfittano del tempo libero per praticare un po’ di esercizio fisico prima di affrontare il resto della giornata. A fare da cornice al campo dedicato alla memoria di Tonino Siddi, un verde ben curato e schiere di palazzi dai molteplici colori che sembrano quasi osservare coloro che, giornalmente, sono soliti ritagliarsi il loro attimo di quiete all’insegna dei principi della filosofia dell’atletica. Un’atletica che Franco Carta analizza lucidamente, con la consapevolezza che rifugiarsi nei ricordi serve a ben poco, seppur lui di ricordi da snocciolare ne abbia tanti a partire dai suoi esordi come atleta esattamente sessant’anni fa.

«Ho iniziato a correre nel 1963, tramite le gare studentesche mentre frequentavo le scuole magistrali», racconta. «Il 1964 fu un anno importante che mi fece capire che all’atletica davo del tu come si suol dire: vinsi il titolo provinciale studentesco in pista sui 1000 e quello di cross. Ma il momento più significativo fu la mia prima trasferta in occasione dei campionati italiani di categoria sui 1500 siepi a Bologna dove giunsi quarto, in maniera del tutto inaspettata». Proprio quell’esperienza, a distanza di tanto tempo, rappresenta per Franco un tassello fondamentale nel suo percorso. «Mi allenava Dino Siddi, fratello di Tonino. Andai da solo in quell’occasione, non conoscevo nessuno e sinceramente ero impaurito perché per me era qualcosa di totalmente nuovo. L’unico volto amico era quello del grande Mariano Leoni che si classificò secondo sui 3000 e che mi diede grandissimo supporto. La mattina feci le batterie e riuscì a qualificarmi, per me fu una sorpresa enorme. A distanza di sei ore disputai la finale e giunsi quarto, siglando anche il mio personale. All’epoca gareggiavo per la Sef Torres, poi dal 1966 al 1969 ho corso per i Carabinieri. Fu una gara tiratissima, i primi due classificati migliorarono il record italiano di categoria, elemento che dimostra il livello della competizione». Una volta conseguito il diploma, per lui arriva il momento dell’Università con il trasferimento a Bologna per frequentare l’Isef. «Fu un’altra esperienza importante», aggiunge, «ho avuto la possibilità di interfacciarmi con tante persone e tanti ragazzi giovani e questo mi ha sicuramente temprato e stimolato. Mi laureai perfettamente in regola con una tesi sul medico tedesco Ernst van Aaken. Una volta terminati gli studi tornai ad estate inoltrata in Sardegna e cominciai il mio percorso da allenatore».

Franco Carta e Paolo Reni

Franco Carta e Paolo Reni

Una vera e propria avventura quella che lo vede ancora oggi impegnato come tecnico, cominciata nel 1970. «E pensare che per un periodo avevo anche smesso ma otto anni fa Paolo Reni ha insistito affinché ritornassi in pista e allora ho deciso di rimettermi in gioco», ci scherza su. «A parte ciò, a propormi di allenare fu Mauro Doppiu proprio nel 1970, io all’epoca ancora facevo l’atleta e sino al 1971 sono stato sia mezzofondista che tecnico. È cominciato tutto in maniera casuale ma, giorno dopo giorno, ci ho preso gusto appassionandomi sempre di più. Non mi interessa che un atleta sia forte e che diventi un campione, per quel che mi riguarda è fondamentale che abbia interesse e passione per quello che fa. Tutto il resto è secondario». E se di passione si parla, di certo non è un elemento che gli è mai mancato, anzi: Franco Carta, ancora oggi, continua tutte le settimane con qualsiasi condizione climatica e circostanza a seguire i suoi atleti, contraddistinto sempre da quel brio che lo accompagna sin dagli esordi. Esordi in cui ha immediatamente dimostrato di saper entrare in sintonia con le persone che decideva di seguire.

Franco Carta

Franco Carta

«Il primo risultato importante che ho ottenuto come tecnico è stato nel 1971 con Mario Secchi che all’epoca militava nella VV. FF. Donato Masella: Mario corse ad Ancona gli 800 in 1’51’’3 tempo che all’epoca valeva come record sardo assoluto. Gli inizi come allenatore sono sempre delicati, c’è sempre un po’ di paura ma il risultato di Mario mi fece capire che ero sulla strada giusta. Lui è stato davvero un grandissimo talento, dotato di una notevole elasticità di corsa e da una spiccata naturalezza nel gesto tecnico, completo sia sugli 800 che sui 1500. Secondo me, poteva fare nettamente meglio soprattutto nel doppio giro di pista». Non solo Mario Secchi: gli atleti di spicco seguiti da Franco Carta, che dalla sua ha anche una solida esperienza come Professore di Educazione Fisica durata per ben 35 anni, sono stati tanti e hanno scritto pagine di rilievo del mezzofondo sardo. «Un altro grande atleta che ho avuto il piacere di seguire è stato Giuseppe Simula che nel 1974 a Formia fece 3’50’’8 sui 1500», prosegue. « Giuseppe ha avuto una grande tenacia e una determinazione notevole. L’aspetto mentale era il suo punto di forza e gli ha permesso di ritagliarsi un ruolo da assoluto protagonista nel mezzofondo sardo». Secchi, Simula ma anche altri giovani sono passati sotto la sua guida. «Un ragazzo che avrebbe potuto fare davvero bene era Roberto Dore che vinse i tricolori di cross studenteschi tra gli Juniores. Peccato che smise praticamente subito, sono sicuro che nelle siepi avrebbe potuto fare ottime cose». Tra i fiori all’occhiello di Franco Carta spiccano anche Giovanni Flore e Cenzino Chessa che, a Roma nel 1977, siglarono il loro personale sui 5000: Flore corse in 14’16’’2, Chessa in 14’26’’9. «Entrambi erano due ragazzi di grande valore, ho seguito Giovanni per poco tempo a partire da quando aveva già superato i vent’anni mentre Cenzino è stato mio atleta sin da adolescente. Flore sapeva rischiare, aveva un grande spirito agonistico, Cenzino aveva una grandissima volata ed era forte sia nel cross che nei 3000 siepi distanza che corse nel 1984 in 8’56’’0 dando più volte del filo da torcere a un fuoriclasse come Mauro Lenzu. Inoltre, ha preso parte con la nazionale italiana anche al Cross delle Nazioni tra gli Juniores, insomma, risultati non da poco. Aveva grandi capacità aerobiche, sono del parere che se avesse osato di più molto probabilmente avrebbe ottenuto prestazioni ancora migliori».

Atleti ma non solo: infatti, sono state parecchie anche le atlete seguite da Franco Carta, distinguendosi per la loro determinazione e il loro talento. Su tutte, spiccano Rosanna Angius e Stefania Sotgiu. «Rosanna era un maratoneta di natura, a suo tempo è stata anche primatista sarda assoluta. Ha ottenuto tempi di valore come 17’38’’2 sui 5000 e 37’16’’2 sui 10000 nel 1991 a Sassari, in maratona a Roma  nel 1983 ha corso in 3h06’32’’ ma valeva sicuramente sotto le tre ore. Stefania, invece, era una mezzofondista veloce e la conobbi tramite il fratello Alberto. Peccato averla seguita per poco meno di un anno, sono sicuro avrebbe potuto fare molto meglio: è una ragazza che ha ottenuto tempi come 16’59’’3 sui 5000 a Cagliari nel 1996 e, nel 2000 a Sassari, 9’44’’00 sui 3000, il potenziale per crescere non le mancava di certo». Prestazioni che parlano chiaro e che dimostrano quanto l’impegno profuso sia stato l’elemento in grado di fare la differenza, proprio come quando il quartetto della VV. FF Sassari seguito interamente da Carta siglò il record sardo assoluto nel 1975 nella 4×1500 con il tempo di 15’44’’6, record che dura ancora oggi. «Inoltre», sottolinea, «arrivammo quinti ai campionati italiani assoluti di staffetta e bisogna precisare che le prime tre squadre erano gruppi sportivi militari. Fu sicuramente un periodo molto proficuo, ricordo i confronti avvincenti in particolare con l’Amsicora che hanno spinto me e i miei atleti a tirare fuori il meglio da noi stessi, pretendendo sempre di più e dandoci la consapevolezza che non bisogna mai smettere di impegnarsi».

Franco Carta

Franco Carta

Impegno e perseveranza: sono stati questi gli elementi che hanno accompagnato per tutto il suo percorso sportivo Antonio Azzena, ovvero l’atleta più forte seguito da Franco Carta: Azzena detiene ancora il record sardo assoluto sui 1500 e sui 3000, realizzati rispettivamente a Bologna nel 1992 con 3’42’’66 e a Oristano nel 1996 in 8’00’’88. Ma oltre i tempi di assoluto spessore, ciò che caratterizza il rapporto tra Azzena e Carta è un affetto profondo e una totale fiducia l’uno nell’altro. «Ho conosciuto Antonio quasi quarant’anni fa, era giovanissimo e a portarlo al campo fu il papà Aldo. Insieme a lui c’erano anche il fratello Battista e la sorella Fulvia. Mi sono accorto subito che Antonio aveva qualcosa di speciale, le sue grandi qualità si sono palesate immediatamente: bei piedi, corsa redditizia ed economica, insomma si intuiva che poteva correre su ritmi importanti. Il suo talento è stato in grado di svilupparsi grazie non solo alle doti fisiche ma a un rigore e a una serietà notevoli. Senza queste componenti un atleta non va da nessuna parte».

I risultati ottenuti dai suoi atleti non lasciano spazio a dubbi ma il valore di Franco Carta va al di là dei numeri, affondando le proprie radici nell’empatia e nella capacità di coltivare l’aspetto umano con ognuno degli atleti con cui si interfaccia quotidianamente. «Un tecnico non deve avere fretta, questo è un errore che rovina le giovani promesse. Bisogna saper costruire, soprattutto bisogna saper aspettare. Fare l’allenatore non significa prendere i tempi ma dare qualcosa di positivo ai propri allievi, significa credere in qualcosa e donarsi agli altri». Il mezzofondo per Franco Carta è divertimento e allegria, non un semplice settore dell’atletica leggera. «La mia gara preferita, sia da atleta che da tecnico, sono indubbiamente i 1500: per me sono l’essenza del mezzofondo, rappresentano una gara simbolo». Il suo è uno sguardo attento, rivolto al presente ma già proiettato verso il futuro che gli consente di elaborare nuove idee e proposte preziose per rendere il mezzofondo sardo sempre più competitivo. «I nostri mezzofondisti non devono adagiarsi, sarebbe uno sbaglio enorme: è fondamentale che i più forti specialisti sardi si confrontino gli uni con gli altri il più frequentemente possibile, soprattutto in pista proprio come si faceva una volta. Sono sicuro che procedendo in questa maniera ne trarranno giovamento tutti e il mezzofondo sardo potrà conoscere, finalmente, la sua nuova primavera».

Franco Carta va al di là delle prestazioni cronometriche e degli aspetti prettamente tecnici: spirito curioso il suo, sempre pronto a cogliere il buono da qualsiasi contesto, non manca occasione per ricordare anche personaggi che hanno dato lustro a Sassari e che ancora oggi sono un punto di riferimento prezioso da non perdere mai di vista. «Ho sempre stimato tantissimo Manlio Brigaglia, storico e giornalista di grande caratura venuto a mancare il 10 maggio 2018. Leggere i suoi interventi sulla Nuova Sardegna era davvero un piacere. È stata una figura di spicco dalla notevole statura morale: un intellettuale come lui manca davvero tanto a Sassari». La giornata volge al termine, allo stadio dei Pini c’è chi termina il proprio allenamento e chi invece lo inizia, il vento si abbassa e il clima si fa più mite. Il momento dei saluti finali è all’insegna di un’altra passione di Franco Carta ovvero la letteratura. «Ho sempre amato profondamente i ‘’Canti’’ di Leopardi e soprattutto la Commedia Dantesca», conclude prima di congedarsi. «In particolare il Canto XXVI dell’Inferno dove Ulisse pronuncia parole di grandissimo impatto emotivo: ‘’fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza’’. Ecco, nello sport così come nella vita di tutti i giorni, non bisognerebbe mai scordarsi di ciò, soprattutto in tempi come quelli odierni. Dobbiamo sempre cercare di migliorarci e di superare i nostri limiti, traendo insegnamento da ogni esperienza vissuta e da ogni sfida affrontata».

Mattia Lasio e Franco Carta

Mattia Lasio e Franco Carta

Mattia Lasio, giornalista cagliaritano classe 1995, si occupa di atletica, nuoto, ciclismo, cultura, spettacoli e cronaca. Scrive per i periodici online Nemesis Magazine e La Redazione.

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